Il bisogno di importanza o di autostima
Se non ti senti importante sei infelice
L’autostima è sana solo se ti senti apprezzato e amato!
Secondo te, perché desideriamo avere una bella casa, una bella macchina, bei vestiti e un bel conto in banca? La risposta è semplicissima: perché avere tutte queste cose ci gratifica e ci fa sentire importanti!
E perché ti senti frustrato se non riesci a realizzare i tuoi obbiettivi? Ancora una volta la risposta è semplicissima: perché non riuscendoci non ti senti realizzato, non ti senti importante!
Il bisogno di importanza o di autostima
E perché sei infelice se non ti senti amato e rispettato dai tuoi figli e dal tuo partner? Perché sei preoccupato, ansioso e angosciato se i tuoi figli ti danno problemi? La risposta è semplice: perché tutto ciò ti fa sentire inadeguato, impotente, e detto diversamente, non apprezzato!
Dunque è evidente: per stare bene in salute ed essere su di morale dobbiamo sentirci importanti, e quindi devono accadere tutte quelle cose che ci rendono importanti. Basta un piccolo dispiacere per incrinare la nostra autostima e buttarci giù! Basta un insuccesso, una critica, un rimprovero, un malessere fisico, un errore da parte nostra o un piccolo contrattempo (come una bolletta da pagare più pesante del solito) per sgonfiare in un attimo la nostra autostima.
L’autostima è sana soltanto quando ci sentiamo apprezzati, o meglio quando ci apprezziamo noi stessi! Avere una sana autostima significa sentirsi apprezzati. Avere una bassa autostima significa invece sentirsi una nullità! L’autostima coincide con la fiducia in se stessi, la sicurezza e credere in se stessi.
Il bisogno di importanza o di autostima
La sensazione di essere importanti scatena emozioni positive che ci fanno sentire euforici, entusiasti e brillanti, mentre la sensazione di non valere nulla scatena emozioni negative che annientano le nostre capacità intellettive, le nostre abilità e le nostre energie.
Quando non riusciamo in alcun modo a risollevarci il morale, ossia a sentirci bene, ce la prendiamo con questo e quello finché non scatta inesorabile l’effetto Muzio Scevola e incominciamo a ingiuriarci e a prendercela con noi stessi. Cominciano così le solite lamentele.
Chi si lamenta non fa che rimproverarsi; e chi si rimprovera si sente una nullità, si sente impotente. Significa anche rimpiangere qualcosa, accusare qualcuno, dolersi, lagnarsi, gemere, recriminare, crucciarsi e ammalarsi. L’opposto del lamentarsi è essere grati, essere soddisfatti, compiacersi, godere, rallegrarsi, sorridere e stare bene.
Il bisogno di importanza o di autostima
Lamentarsi significa ancora avere pensieri ostili verso qualcuno, provare avversione, sentire odio, e quindi si è permeati dalla negatività. Significa anche auto-consumarsi, esasperati, infelici e indegni. E significa essere in collera con se stessi e con il mondo. Lamentarsi significa sentirsi depressi, angosciati, impotenti e inutili.
Chi si lamenta dà la colpa dei propri problemi agli altri anziché assumersi le proprie responsabilità e rimboccarsi le maniche per migliorare la situazione e il destino avverso. Accusando gli altri anziché prenderci le nostre responsabilità ci procuriamo altri guai e non ne usciamo più!
Lamentarsi significa essere ingrati e sentire un peso insopportabile sulle proprie spalle. Lamentarsi significa anche essere invidiosi o gelosi del successo e del benessere altrui, significa provare odio e augurare il male al prossimo.
I lamenti non sono altro che pensieri negativi! E i pensieri negativi causano emozioni negative come ansia, paura, tristezza, rabbia e chi più ne ha più ne metta!
Quando si augura il male agli altri e si gode delle disgrazie altrui si è messi veramente male perché si cade in un pozzo profondo di sofferenza da cui è difficile uscire!
La felicità è un boomerang, e anche l’infelicità!
Il bisogno di importanza o di autostima
In genere, gli esseri umani soffrono e si disperano perché accettano per sé soltanto il bello, ignorando che il bello è strettamente compenetrato al brutto come i due poli di una calamita. Bene e male si alternano in continuazione, come il giorno e la notte a nostro eterno dispetto!
Per goderci pienamente il bello dobbiamo accettare anche il brutto quando arriva: capire questo concetto cambia la nostra vita a 360° perché smettiamo di sentirci sbagliati, inadeguati e colpevoli!
C’è un tempo per ridere e un tempo per piangere: questa è la sacrosanta realtà.
Non accettando il pianto, quando arriva, non ce ne liberiamo più! Per smettere di soffrire dobbiamo accettare la sofferenza. Solo così, le lacrime si esauriscono e ritorna il sorriso.
Dobbiamo capire una buona volta che se andasse tutto proprio come vorremmo noi, la nostra vita non migliorerebbe più perché smetteremmo di impegnarci e di preoccuparci: sono proprio le difficoltà che ci fanno crescere. Solo dopo una crisi diventiamo migliori!
Il bisogno di importanza o di autostima
La crisi è il prezzo da pagare per crescere!
E quindi non dovremmo lamentarci di fronte alle difficoltà e ai problemi, ma quasi saltare in aria dalla gioia! Come diceva Norman Vincent Peale: «Se vi svegliate un mattino senza problemi, andate subito in chiesa a pregare il Signore perché ve ne mandi almeno uno, altrimenti siete morti»!
Se desideriamo un tenore di vita decoroso dobbiamo meritarcelo, ossia impegnarci per conseguire buoni risultati e soprattutto per mantenerli e migliorarli. La manutenzione di una strada, per esempio, costa in termini economici molto più della sua costruzione perché col tempo compaiono fossi profondi, incrinature e persino frane. Come pure, comprare un cagnolino per la gioia dei propri bambini è senz’altro una cosa bella, ma bisogna anche accudirlo, tenerlo pulito, portarlo fuori a fare i bisogni, e soltanto se c’è abbastanza amore, si accetteranno gli oneri del suo “mantenimento”.
I problemi e le angosce si accompagnano dunque, nel nostro vivere quotidiano, alle facilitazioni e alle gioie.
Formarsi una famiglia è una nobile aspirazione ed è anche relativamente facile, ma dobbiamo anche assumerci gli oneri e gli imprevisti della “manutenzione” che sono “costosi” e impegnativi, conoscerli e accettarli già in partenza, e non dimenticarcene mai.
Il bisogno di importanza o di autostima
Lamentarsi dei propri disagi e desiderare di poter tornare indietro… o peggio ancora sfasciare la propria famiglia, anziché diventare tolleranti, comprensivi e rispettosi del partner, migliora la situazione solo per poco e apparentemente. Non serve rimpiangere il passato, occorre focalizzarsi sulle soluzioni, chiedere aiuto e guardare avanti.
Come diceva il grande Carl Gustav Jung: «La parola felicità perderebbe di significato se non fosse bilanciata dalla tristezza».
E dunque potrebbe bastare un bel pianto per scaricare i dispiaceri della vita! Ma non ci consentono più di piangere, gli adulti sanno soltanto lamentarsi: un modo subdolo per sfogare la rabbia e i dispiaceri che purtroppo aumenta la tristezza e i disturbi e cronicizza i fallimenti!
Impossibilitati a piangere, ci resta un solo modo per smettere di lamentarci e cominciare a sorridere e godere delle gioie immense del creato: occorre provare gratitudine! Infatti, come già detto, la felicità è un boomerang!
Il bisogno di importanza o di autostima
Sentirsi grati è il primo passo per cambiare, crescere e migliorare, e anche per sentirsi importanti: il senso di gratitudine rappresenta il sano ottimismo che arricchisce la vita di tutto ciò a cui aspiriamo.
Qualunque cosa grave accada, non dovremmo mai smettere di amarci, apprezzarci e accettarci, anziché ingiuriarci e pensare male di noi stessi. Soltanto così salvaguardiamo l’autostima! Ma non è per niente facile!
Tutto ciò che desideriamo possiamo conquistarlo gradualmente cominciando ad avere un atteggiamento di gratitudine verso la vita e verso il prossimo, apprezzando e amando ciò che è già nostro, il che crea situazioni propizie per la nostra crescita materiale e spirituale. Ma non avremo assolutamente nulla se siamo ingrati e continuiamo a lamentarci!
Qualcuno mi chiedeva come si fa a sentirsi grati. Ci sentiamo grati verso la vita e verso le persone quando riusciamo a vedere entrambe le facce della medaglia. La saggezza consiste proprio in questo: nel saper apprezzare sia il lato positivo che il lato negativo delle cose e delle persone. Infatti, se le persone fossero tutte buone o del tutto buone, oppure tutte cattive o del tutto cattive, il genere umano si sarebbe già estinto da un pezzo! Gli opposti si compensano tra di loro equilibrando il mondo!
A questo punto è bene tener presente che anche un’autostima alta è fallimentare! Ne parlo ampiamente nel libro “Come accrescere velocemente l’autostima“.
Chissà perchè mi ostino a chiamarti Salvatore… povero me sto dando i numeri. Però in un certo senso potresti anche esserlo, comunque caro Pasquale è bello riuscire ad accontentarsi di ciò che si è, ma prima di leggere il tuo post non ci avevo mai pensato: e se fossi rimasto scapolo per altri dieci anni non è che poi mi sarei lamentato perchè mi annoiavo e mi sentivo solo e non avrei più potuto avere figli perchè ormai troppo vecchio? Meglio ora! Ecco scovata l’altra faccia della medaglia.
Grazie.
Ciao Matteo,
la mia più grande soddisfazione è quando un mio lettore trova da solo il bandolo della matassa! Grazie.
pasqualefoglia
Caro Salvatore,
sì, sono sempre io il neopapà (che due scatole dirai)…
anche questo articolo riassume un po’ quello che ho provato in questi ultimi anni dopo un grande cambiamento (lo conosci già) dal quale ti ho ispirato con la figura del Muzio Scevola!
Intervengo su questo tuo pensiero di “autostima”, proprio a riguardo di quanto ho voluto e desiderato la mia attuale vita di papà, che mi avrebbe e mi ha completato come uomo, per poi inciampare sul più bello, (tu sai come) ma quella è un’altra storia…
Proprio come avevi scritto sui 3 articoli scaricabili: “è la paura che ci fotte” ho voluto buttarmi per fare quello che ho fatto senò non mi sarei mai deciso, ma una cosa mi teneva titubante nel completarmi: la vita che facevo prima non mi dispiaceva affatto, ero felice anche com’ero, con la semplicità di un single anche senza andare a fare le seratone con gli amici/che ecc. solo andare a letto anche prima delle 11 per poi svegliami presto e andare a fare una sana passeggiata o andare in qualche associazione a fare volontariato. Con questo non voglio dire che stavo meglio prima anzi, ma non mi mancava nulla e non mi sentivo solo e non riesco a capire cosa volevo effettivamente visto in seguito stavo bene anche con la mia donna e se ciò non fosse stato, mai avrei pensato di volere un anch’io un bambino!
Il succo del discorso è questo: perché una persona cambia vita per autostima quando apparentemente si sentiva già bene? Mi spiego meglio: come fa uno a capire quando veramente ha bisogno di autostima se sta già bene e riesce ad accontentarsi di ciò che ha? L’accontentarsi è un bene o un male?
N.B. quando dico accontentarsi non intendo dire: accetto di essere sfigato.
Caro Matteo,
se sapessimo quando possiamo ritenerci soddisfatti e felici il mondo sarebbe molto più bello e interessante…. E se sapessimo accontentarci saremmo molto saggi, ma non è per niente facile riuscirci!
Non potevi certo fare lo scapolo a vita e ti assicuro che ben presto ti saresti annoiato di quella vita monotona e senza “imprevisti”.
Tu ti devi convincere soltanto di una cosa: che ogni medaglia ha sempre due facce, anche se noi al momento ne vediamo una soltanto, quella che ci conviene…. o che ci piace di più.
Se si acetta la vita così com’è, senza lamentarsi più di tanto, si vive anche bene; ma se non facciamo che lamentarci dalla mattina alla sera, ti assicuro che continueremo a lamentarci non solo, ma anche a soffrire per per sempre.
A proposito: io non mi chiamo Salvatore, né sono un salvatore.
1abbraccio
Grazie Pasquale, come sempre un bellissimo articolo. Purtroppo mi viene molto difficile riuscire a non lamentarsi, anche perché è vero che esistono periodi brutti e belli ma, pur accettandoli tutti e due, i primi li trovo sempre troppo lunghi rispetto ai secondi. Come vedi non sto facendo altro che lamentarmi anche adesso, credo proprio che non cambierò mai… e con quest’ultima affermazione ho azzerato anche la mia autostima! Ciao.
Ciao Giovanni Carlo,
il tuo umorismo è già un buon segno! Il segreto per lamentarsi sempre meno sta nell’abituarsi ad un atteggiamento di gratitudine verso la vita, ossia a vedere entrambe le facce della medaglia!
1abbraccio
La cosa più allarmante è che l’uomo tende naturalmente a lamentarsi anche quando non ci sono validi motivi per farlo. Ci si lamenta del quotidiano, si è sempre scontenti facendo la ‘punta’ su tutto. Io stessa tendenzialmente sono così e devo fare un grosso sforzo per essere invece più positiva e grata di quel che ho, che è tanto ma non lo apprezzo. A volte mi dico che sono davvero una sciocca a lamentarmi e sono certa che mi mangerò le mani in futuro per essermi lamentata ora, quando arriveranno problemi veri come malattie, perdita dei propri cari. Pensiamo a chi non ha la casa o addirittura da mangiare, chi vive in estrema povertà e indigenza! Io vorrei esortare tutti quanti a fare un bell’esame di coscienza sul fatto se sia davvero opportuno lamentarsi o meno. Dodo di questo credo che tanti di noi dovrebbero smettere di ‘sputare sul piatto sul quale mangiano’!
Ciao Rita,
rendo omaggio alla tua saggezza! Il motivo del dilagare universale delle lamentele è l’abitudine. E si tratta purtroppo di un’abitudine appresa in tenera età. Io sono fiducioso: sapendo come stanno le cose e con un pizzico di buona volontà, possiamo smettere di lamentarci e migliorare la nostra vita in tutti i sensi.
Come un’innamorata abbandonata deve innamorarsi di un altro uomo per smettere di soffrire e lamentarsi, così noi tutti, per disabituarci alle lamentele e smettere di soffrire ci dobbiamo abituare ad avere un atteggiamento di gratitudine.
1abbraccio